Excursus storico su San Giovanni Lupatoto - Comune di San Giovanni Lupatoto

Comune | Excursus storico su San Giovanni Lupatoto - Comune di San Giovanni Lupatoto

Il comune

Il comune

Excursus storico su San Giovanni Lupatoto

Premessa

E’ piuttosto difficile contenere in alcune pagine un resoconto delle vicende storiche che hanno visto come protagonista il territorio di San Giovanni Lupatoto sia per la quantità di fatti rilevanti ivi accaduti che per la valenza storica degli stessi. Per comodità di lettura si suddivide l’argomento nelle sue principali fasi storiche, chiedendo venia della superficialità che un excursus tanto breve impone e rimandando per approfondimenti alla ricca bibliografia esistente.


Preistoria

Sempre crescente risulta l’importanza archeologica della zona frapposta fra gli attuali comuni di San Giovanni Lupatoto e di Zevio per il ritrovamento di un numero elevatissimo di tombe celtiche e romane, alcune delle quali di originalità assoluta come quella del Principe Celta, così come va ricordato che proprio qui passava fin dalla preistoria uno dei percorsi più utilizzati nella transumanza fra montagna e pianura veronese. Le estese e fertilissime pianure della Paquara attraevano greggi e mandrie, facendole sostare in preparazione all’ultima parte del tragitto, in attesa di un favorevole momento per il guado.
Al periodo storico precedente la venuta dei Romani risale sicuramente anche il toponimo Ausetto un fiume che nasce nella bassa di San Giovanni. Similmente ad Avesa o Avisio rimanda alla lingua delle popolazioni preromaniche.


Periodo Romano

Una testimonianza diretta dell’uso da parte dei Romani del territorio di quello che poi diventerà San Giovanni Lupatoto è costituita dal toponimo Paquara, un termine ultra millenario che si estendeva dalle attuali bocche di Sorio fino a Pontoncello; la località era delimitata dal fiume e dal clevus lungo il quale passava il confine della Campanea Veronese ed era costituita dalle praterie, dai ghiaieti e dalle boscaglie che coprivano la grande golena dell’Adige, prolungandosi anche lungo i molti meandri di divagazione che si dipartivano da questa zona, spesso per andare ad impaludarsi dopo qualche chilometro.
Che il nome Paquara sia antichissimo è provato dall’etimologia, interpretata come derivato da [a]p[ud] aquaria = luogo presso le acque, il che rimanda sì ai fontanili presenti proprio nella bassa di Sorio, alle sorgenti dell’Ausetto, ma anche al fiume Adige.
Paquara, con Ausetto, è dunque il primo toponimo che compare nella storia del territorio di San Giovanni Lupatoto, precedente al termine Sanctum Joannem ad lupum totum, in grado di attribuire alla nostra città una storia millenaria.

Periodo medioevale

Già prima dell’anno 1000 troviamo testimonianza scritta di una presenza di una comunità nel territorio di San Giovanni Lupatoto. Il documento risale all’anno 905, durante il regno di Berengario e riporta un atto di acquisto di una pezza di terra in questa località, acquisto effettuato da parte dell’abate di San Zeno, Iundelberto, per conto della sua potente Abbazia.
La pergamena, conservata presso l’Archivio di Stato di Verona, è stata studiata fin dal secolo scorso da eminenti studiosi veronesi, primo fra tutti il Cipolla, che lo propose come esempio grafico per la pubblicazione nel 1910 dell’Archivio Paleografico Italiano.
Se accostiamo all’elenco dei proprietari citati anche i veri lavoranti della terra, e se teniamo conto degli altri componenti le famiglie, ossia donne e bambini che secondo la consuetudine del tempo erano almeno una decina per ogni nucleo, ebbene questi dati fanno supporre come l’insediamento Paquara, nei primi anni del X secolo, sia stato una vicinia consistente e ben abitata, una vera e propria comunità autosufficiente, in grado di garantirsi sopravvivenza e prosperità.
L’etimologia dei nomi di persona si rifà senza dubbio alla nomastica longobarda, per cui si può ipotizzare che questi signorotti siano stati i discendenti delle popolazioni barbare venute ad impadronirsi delle proprietà fondiarie veronesi verso la metà del VIII secolo e che avevano potuto scegliere i siti migliori, o comunque cose e proprietà che ne valessero la pena.
Con il nome Paquara si può quindi indicare un sito abitato da una consistente comunità già un secolo prima dell’anno 1000 a conferma di una valenza storica assoluta, almeno per i tempi. Tale nome è servito per secoli ad indicare il sito e la comunità che lo abitava; fino alla fine del 1300 quando è stato sostituito dal nome Sanctum Iohannem ad lupum totum che poi evolverà in San Giovanni Lupatoto, in occasione di una delimitazione del territorio di competenza del comune di Verona.


La pace di Paquara

Il primo ventennio del XII secolo fu, per tutto il territorio dell’Italia settentrionale, un periodo dominato da continue lotte fra comuni o fra fazioni che stavano tentando di trasformarsi in signoria. Era il periodo di contrapposizione fra papato ed imperatore, fra Guelfi e Ghibellini, di lotta per la conquista della egemonia sociale. Per Verona è l’epoca di Ezzelino da Romano, passato nell’immaginario popolare come esempio della crudeltà più bieca. Come non bastasse la violenza, proprio negli anni che vanno dal 1220 a 1233 il territorio nazionale viene invaso e devastato anche dalle cavallette.
In questo quadro generale, nella primavera del 1233 si verifica un magico momento di tregua nel susseguirsi dei saccheggi, emigrazioni, uccisioni e vendette. Tale avvenimento, chiamato Il grande Alleluia, vide protagonisti alcuni predicatori efficacissimi, i frati pacieri, che con la loro arte oratoria riuscivano a catturare gli animi, a far cogliere la necessità di una revisione di un sistema sociale tanto crudele, a volte inumano, a far sentire con urgenza la necessità di un ritorno alla pace, alla fratellanza, a rapporti sociali più umani.
Fra tutte queste figure, si staccava per capacità oratorie e spessore politico, ben al di sopra degli altri, quella del frate domenicano che realizzò il raduno della Paquara, Fra Giovanni da Schio o da Vicenza.
Verso la fine di luglio del 1233, troviamo il nostro predicatore a Verona, in Piazza delle Erbe, inarrivabile nella capacità di infondere a tutto il popolo l’entusiasmo per la pace.
Proprio nel territorio che sarà poi San Giovanni questo frate organizzò quello che sarebbe passato alla storia il come il suo capolavoro, una festa della pace senza pari, un raduno di rappresentanti di tutta l’Italia del Nord da tenersi nel nome della generale fratellanza; raduno che egli convocò per domenica 28 agosto dello stesso anno, nella pianura di Paquara, sulla sponda dell’Adige, a quattro miglia da Verona.
“Si convenne poche miglia al sud di Verona, sulla riva destra dell’Adige, a S. Giovanni Lupatoto, sopra una campagna di praterie detta Paquara.
Vi risplendeva una schiera di principi della Chiesa con grande seguito: innanzi a tutti Bertoldo il Patriarca di Aquileja, poi i Vescovi di Verona, Brescia, Mantova, Bologna, Modena, Reggio, Treviso, Vicenza e Padova; di essi Guala da Brescia e Guglielmo da Modena particolarmente legati a fra Giovanni; poi parecchi ecclesiastici di più alta importanza come l’arcidiacono Tancredi di Bologna e padre Giordano Forzatè da Padova; finalmente un esercito di chierici secolari e regolari della città e della campagna”.
Per concorde giudizio dei contemporanei il numero dei convenuti era sterminato. Paride da Cerea li stima, forse esagerando, 400.000 persone. Rolandino presente, dice che non si era mai veduta in Lombardia tanta gente riunita, e il Maurisio pretende che dal tempo del Salvatore in poi nessuna adunanza cristiana cosi grande sia stata mai.
Lo spettacolo di questa infinita marea di popolo deve essere stato stupefacente. “Cittadini guelfi e cavalieri ghibellini, per lo innanzi l’un contro l’altro spesso nelle battaglie, si accalcavano per udire il grande predicatore, il che non era certamente la cosa più agevole”.
Frate Giovanni si fece erigere un pulpito fatto di una impalcatura di legname alta sessanta braccia, vi montò sopra e cosi divenne visibile da lontano; predicava sulle parole del testo “pacem meam do vobis, pacem meam relinquo vobis”.
Nonostante queste premesse, gli esiti della mediazione di Fra Giovanni furono nulli, nel senso che proprio finché si smontavano le tende erano riprese le liti, gli assassini, tutto era tornato come prima.
Quattro giorni dopo, il 3 settembre, lo stesso Fra Giovanni venne arrestato e imprigionato a Vicenza; la sua sorte finale non è conosciuta con chiarezza, sappiamo che venne utilizzato dal Papato per missioni diplomatiche.
A ricordo di un avvenimento di incontrovertibile valenza storica come la Pace di Paquara, rimangono sia nel territorio di San Giovanni Lupatoto che in quello di San Michele Extra, solo i nomi di due vie omonime che sboccano sulle rive dell’Adige, oltre ad una lapide fatta murare nel frontale della torre centrale della corte di Sorio.


I secoli XIII e XIV

Dal 1238 il Comune di Verona, per tagliare le spese, aveva deciso di cominciare a vendere ed alienare dei terreni della Campanea a coloro che avevano crediti col comune.
Per tutta la zona deserta della Campanea a sud est della città comincia così un periodo di insediamento di famiglie di possidenti che vi si trasferiscono più o meno forzatamente, trasformando quelli che erano dei rustici inabitabili in domus, case o Cà, registrate da ora in avanti col nome della famiglia che vi si insedia o col nome geografico o funzionale della località.
Il primo di tali insediamenti si ha a Cà di Davi.
Nel nostro territorio dapprima nacque la domus Fontanae, localizzata al limitare del Corno con la Bassa, sito notoriamente ricco di risorgive spontanee, seguita ben presto a qualche miglio di distanza dalle Domus Aprilorum, Domus Massicciorum, Domus Rafaldorum; e più da vicino dalle Domus ser Beloti, Domus Lectoboni, ecc.
Poco più tardi, attorno al 1276, negli Statuti Veronesi queste case di Campagna sono divenute ormai numerose ed importanti, tanto da non poter sfuggire al fisco.
Nel 1304 venne fatta una determinazione dei confini, di estremo interesse per la ricostruzione dei tempi e modi della nascita di quello che sarà il comune di San Giovanni Lupatoto.
Degni di interesse risultano in questa occasione i nomi dei testimoni che risultano fra gli altri ... d. Guidoni à campanea testibus ... cum Daniele à putheo et ventura à putheo, et q. Leonardo q. d.ni Masicij. Quest’ultima lettura, se confermata costituirebbe la prima testimonianza del nome della odierna località Cà de Macici.
Tutte queste Cà, specialmente quelle più limitrofe all’Adige (la Casa de la Fontana, Bocha d’Arena, la Casa del Letobon, la Casa de San Zuane Lovatoto ... troviamo anche Ponton de Paquara) costituiranno lentamente un agglomerato urbano uniforme, ben collegato ed omogeneo tanto che sentiranno la necessità di organizzarsi amministrativamente sotto un unico Comune che all’inizio ebbe una dicitura imprecisa: la Cà di Fontana ossia di San Giovanni Lupatoto per poi evolvere definitivamente in San Giovanni Lupatoto.


Il Vicariato di Cà di Campagna

Negli elenchi delle ville redatti duranti la signoria degli Scaligeri, queste Domus Campaneae erano sempre state considerate di stretta dipendenza giuridica ed economica direttamente dalla città e come tali soggette al governo centrale veronese. Con l’aumentare del numero di tali insediamenti si pose l’esigenza di garantire un più stretto controllo della legge, soprattutto in campo fiscale, e a questo la signoria scaligera rispose proponendo l’istituzione di un vicariatus, ossia con la nomina di un proprio rappresentante in loco, il Vicarius, in grado di giudicare su piccole questioni in materia civile.
Dall’inizio del 1356 il Vicariato fu concesso direttamente ad alcuni uomini abitanti delle Domus Fontanae ossia de Sancto Iohanne Lupatoto. Ha così inizio un lungo periodo di autonomia gestionale, che vedrà responsabilizzati direttamente gli homines de domo fontane sive de Sancto Ioanne Lovatoto per privilegio signorile.
Questa organizzazione amministrativa in Vicariati viene confermata anche dalla Serenissima Repubblica di Venezia, quando nel 1405 accetta la donazione di Verona e della sua provincia, continuando anche nella politica di favorire gli insediamenti extra urbem.
Il Vicariato delle Domus Campanea, che prenderà il nome di Vicariato di Cà di Campagna, fatto unico nel Veronese, sarà retto quasi sempre unicamente da rappresentanti eletti direttamente dagli homines de Domo Fontane, esempio di autogestione senza precedenti.
Questo Vicariato, singolare come abbiamo visto nella sua prerogativa di nomina “privata” avrà uno sviluppo considerevole tanto che nel 1466 risultano soggette al vicariato tutte le seguenti Domus Campanea: Cà Macici con Pozzo, Raldon, Bagnolo, Tomba, domus d. Reboesii, domus de Dulcetis, Mazzagatta, Buttapietra, Cadidavid, Caprara, domus Ribaldorum, Cà di Aprili, S. Trinità, Marchesino con Melegano, domus Fontane, Zera, Camera, Piombazzo, Cà Raffaldi, domus Sagiotorum, S. Fermo, Bovo, domus Fure, domus S. Georgii, Ciringhelli, domus Maçei, Scuderlando, S. Caterina, domus Rovee, domus Saltuchii con S. Pancrazio, in pratica tutto il territorio della provincia di Verona compreso fra San Giovanni Lupatoto e Villafranca. La sede centrale era collocata a Ca de Macici allora come oggi frazione di San Giovanni.
Il Vicariato di Cà di Campagna rappresentò l’Ente amministrativo di tutta questa zona per quasi quattrocento anni, in coincidenza del Dominio Veneto sulla Terraferma, per essere soppresso solo alla formazione dello Stato Italiano, nel 1866.


L’industrializzazione del territorio

Rispetto agli altri comuni dell’intera provincia di Verona, il territorio lupatotino ha mostrato una dinamicità unica nella sua capacità di industrializzarsi. Nonostante sia uno dei comuni più piccoli della provincia, con un territorio di soli 20 chilometri quadrati, nel corso degli ultimi cento e cinquanta anni ha raggiunto una densità abitativa fra le più altre d’Italia ed uno sviluppo industriale irripetibile. Già verso la metà del secolo XIX venne avviata una politica di insediamento industriale con la nascita di uno stabilimento vetraio che occupava ben 850 operai già nel 1868, fra i primi ed i più importanti dell’intero Veneto. Pochi anni più tardi, verso la fine del secolo XIX, la realizzazione di una strada ferrata che lo poneva in comunicazione diretta con Verona, ma soprattutto la realizzazione di alcune centrali idroelettriche, localizzate sul territorio comunale, successive alla realizzazione dei Canali Milani e Marazza, garantivano facilità di commercio ed energia in quantità ad un prezzo invidiabile. Il secolo XX ha visto la collocazione crescente di imprese che hanno portato San Giovanni Lupatoto ad essere il primo fra i comuni industrializzati del’intera provincia. Fabbriche importanti, come la Filanda, la Saifecs, La Manifattura Festi Rasini, il Ricamificio Automatico, la Barite, le varie Concerie, le fabbriche di scaldabagni Idropi, ICI, Sime, ecc, hanno attratto manovalanze da tutto il territorio veronese concentrando a San Giovanni maestranze di qualità che qui trovavano un adeguato impiego ed un sicuro reddito. Si è quindi assistito ad un rapido e costante aumento della popolazione che negli ulti due secoli si è decuplicata. Con la crisi dei sistemi produttivi tradizionali, San Giovanni ha saputo essere ancora fra i primi a dimostrare capacità di innovazione e riconversione, per cui si può affermare che non è mai stata in crisi la piena occupazione.
Proprio la valenza in assoluto del fenomeno della industrializzazione a San Giovanni Lupatoto, il dispiegarsi di un numero così elevato di attività produttive, hanno costituito materia di studio e di ricerca producendo i molti studi contenuti nella bibliografia allegata.

A cura di Roberto Facci

 


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